venerdì 7 marzo 2008

MATERIOGRAFIE

L’impronta della materia è realmente visibile in questa serie tonale di grafiche di Gianni Atzeni, ; visibile, in perfetta presenza e/o assenza, perché, questa matericità, egli la manifesta direttamente con l’inserimento della rafia o perché la fa dedurre dal procedimento dalla stampa.
In questo modo egli propone un lavoro che è direttamente correlato alle altre precedenti sue espressioni nelle arti visive.
Atzeni ha una storia, oltre che di incisore, di assemblatore, installatore (quasi scultore nelle installazioni più grandi) e di pittore poverista. Tutto ciò sembra giunto, ora, a un momento di sintesi, di interazione tra le varie attività artistiche che gli sono più congeniali; nel senso che sta dando alla grafica un nuovo flusso di inserti, formali e concettuali, che sono quasi esclusivamente processuali.

Queste opere, di cui parliamo, sono frutto di un lungo travaglio che parte da un’altra tiratura in maniera nera, per poi dare vita al discorso di Materiografie con la stampa.
Stampare fino all’esaurimento del colore della matrice, su altri fogli di carta, su altri formati, con altri tagli.
Così avviene la trasposizione, lo spostamento estetico: il passaggio dalla materia pittorica, dell’oggetto trovato all’incisione, dall’oggetto trovato al processo trovato.
Ciò che prima era bene evidenziare nell’oggetto, nel quadro, nell’opera finita, ora, viene dato dall’iter che Atzeni segue. L’opera non è più solo quello che appare, ma ciò che viene fatto per eseguirla.

Tutto il processo che va dall’ideazione sino al compimento; rendendo così edotto il fruitore su quali siano le pratiche che portano alla realizzazione
dell’acquaforte così trattata.
L’opera è quindi unica, non solo perché è un monotipo, ma perché è unico il processo, per ogni singolo pezzo, che Atzeni ha ideato per venire a capo di una soluzione formale attuale e nuova per sperimentare nuove strade che il medium offre.
Testo di Massimo Antonio SANNA

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